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Quel cartello strappato. Brutto segnale da stato di polizia per l’opposizione democratica di Berlusconi e Forza Italia

 

COLPO DI STATO

Le notizie del giorno? Ovvio. La scelta con cui il Senato ha violentato la democrazia ed estromesso Silvio Berlusconi, ma congiunta ad essa, più vera e perciò più forte della prima, la decisione di rilanciare la campagna per la riconquista elettorale dell’Italia, dove la libertà politica è ferita nel profondo. Noi scegliamo di partire dalle ultime nove parole (numero ahinoi perfetto) della proposizione di cui sopra: “Italia, dove la libertà politica è ferita nel profondo”. Ieri c’è stato un atto di polizia politica del tipo preventivo. Un gesto singolare, che oggi i quotidiani nazionali collocano tra le questioni minori, come fosse cosa un po’ pittoresca, quali le infinite discussioni sui numeri dei partecipanti ai comizi o ai cortei forniti dalla questura rispetto a quanto dichiarato da organizzatori e giornalisti.

 

Nella mattinata di ieri, mentre si preparava e si colorava di striscioni lo spazio per il nostro abbraccio a Berlusconi e la protesta contro le decisioni incombenti del Senato, si è presentata la Digos. E con gentilezza, per carità, ma perentoriamente ci ha invitato a togliere di mezzo la stoffa su cui stava scritto: “È UN COLPO DI STATO”. Be’ lo abbiamo riscritto qui. Lo sottoscriviamo ancora. È stato un colpo di Stato, o golpe, o Putsch. Prosecpustch, se vogliamo sostituire al classico Bierhallenputsch, che allude alla birra e alla birreria, il brindisi osceno e meschino di ieri alla buvette di Palazzo Madama dopo il voto golpista.

 

Colpo di Stato. Sì lo è. Che fanno, ci sequestrano preventivamente il “Mattinale”? Ci allontanano dal Palazzo dei Gruppi Parlamentari? Interverrà la polizia postale su Internet? E per disposizione di chi? La catena di comando, per avvilire un avvenimento che coinvolgeva il destino di chi ha raccolto dieci milioni di voti deve per forza essere arrivata al punto sommo, dove sta il Ministro dell’Interno. Per questo abbiamo proposto un’interpellanza urgente al ministro Angelino Alfano. È stata una decisione del capo della Digos o del Questore? O del capo della Polizia? O più su? Una malintesa obbedienza a Napolitano che temeva che la protesta scivolasse nell’illegalità?

Semmai proprio questa decisione, come minimo affrettata e imprudente, poteva essere vissuta come una provocazione, una spinta a trasformare l’indignazione civile in ribellione. Non siamo i tipi, hanno sbagliato indirizzo. Noi siamo gente pacifica, la nostra moderazione ci impedisce di usare violenza e scivolare nell’illegalità. E allora perché rendere tutto difficile? Perché bloccare i pullman in viaggio verso via del Plebiscito, costruire intorno barriere per rendere difficile l’accesso anche ai pedoni? Troppo zelo…

 ACCADE OGGI

Per chiunque abbia lo sguardo purificato dal pregiudizio, il fatto è di un rilievo grave e inquietante. Si chiama censura politica, ripetiamo, ed è stata una forma di intimidazione previa della nostra libertà di opinione e di manifestazione del pensiero. Da quando in qua non si possono dare giudizi politici anche duri? Semmai l’atto di illegalità risiede, se ci ricordiamo bene che cosa sia l’articolo 21 della Costituzione e l’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in chi ha ordinato questa misura.

Va così, andrà nello stesso modo anche nelle manifestazioni sindacali o del popolo viola, con i partiti di sinistra, nelle cui fila sistematicamente si coprono ed emergono al momento opportuno, i vandali? Tutto questo fa capire come sia necessario dare sostanza all’appello civile di Silvio Berlusconi, e prendere sul serio la chiamata alle pacifiche armi dei “soldati della democrazia” e “missionari della libertà”. Che non sono gli altri, siamo esattamente noi. Proprio noi. Tocca a noi, con la guida di Silvio Berlusconi, creando e animando i Club di Forza Silvio, il lavoro della libertà.

Con la baldanza degli ideali sostenuti dal carisma del nostro Presidente, salveremo l’Italia, la sua pace e il suo benessere. Ripristineremo la giustizia.

 

 

LE DICHIARAZIONI DEI FIGLI DOPO IL VOTO SULLA DECADENZA

 

 

MARINA, “Decade da senatore non da leader”

Marina

Marina “Mio padre decade da senatore, ma non sarà certo il voto di oggi a intaccare la sua leadership e il suo impegno. Questo Paese e questa democrazia devono vergognarsi per quello che mio padre sta subendo. L’Italia non merita di vedere l’uomo che milioni di italiani hanno scelto con il voto venire allontanato da uno dei luoghi più solenni della Repubblica, in base ad una assurda condanna senza prove e calpestando principi costituzionali, normative, prassi minime di civiltà. Una violenza di questo tipo rappresenta una macchia che peserà sulla storia del nostro Paese. La vera decadenza è quella imboccata dalle nostre istituzioni: sono loro, e non mio padre, ad uscire profondamente umiliate dallo scempio cui oggi ci è toccato assistere. Questa politica si dovrà pentire di essersi ancora una volta arresa ad una magistratura che intende distruggere chiunque provi ad arginare il suo strapotere”.

 

PIER SILVIO, “Giorno amarezza e ingiustizia”

PierSilvio

“Quello di oggi è un giorno di amarezza e ingiustizia. Il voto di oggi al Senato mi colpisce come figlio e come cittadino. Come figlio, l’amarezza è profonda perché so quello che mio padre è davvero. E soprattutto quanto ha fatto. Per tutta l’impresa italiana e per il nostro Paese. Come cittadino provo un forte senso di ingiustizia. Un voto così, che ignora ogni ragionevole dubbio su una vicenda giudiziaria che fa acqua da tutte le parti, non mi sembra in linea con i principi democratici che dovrebbero tutelare gli eletti dal popolo da aggressioni esterne, per di più strumentalizzate da interessi politici. Mi auguro per il futuro dell’Italia che abusi del genere non vengano mai più messi in pratica contro nessun parlamentare di qualsiasi parte politica”.

 

BARBARA, “Violenta operazione politica”

Barbara

“Con la violenta estromissione di mio padre dal Parlamento, avvenuta attraverso norme incostituzionali e palesi violazioni regolamentari, gli avversari politici si illudono di avere la strada spianata verso il potere. E’ una operazione politica che si ritorcerà contro chi l’ha messa in atto, nel momento in cui gli italiani torneranno a pronunciarsi con il loro libero voto”.

 

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA: “IL MATTINALE – 28 novembre 2013”